La gioventù secondo Carl Rogers e Daisaku Ikeda
Carl Rogers è stato uno dei padri della psicologia umanistica. La sua terapia basata sulla persona è radicata nella convinzione che le relazioni caratterizzate da empatia, accettazione incondizionata e autenticità promuovano la piena realizzazione del singolo.
Daisaku Ikeda è stato un maestro buddista che, in qualità di presidente della Soka Gakkai International, ha dedicato la propria vita alla diffusione di una cultura basata sul rispetto delle persone e orientata allo sviluppo di un’umanità armoniosa e pacifica.
Questi due giganti di saggezza hanno in comune non solo la convinzione dell’innato potenziale positivo esistente in ogni essere umano, ma anche il riconoscimento delle loro azioni concrete a favore della pace. Carl Rogers ha ricevuto la candidatura al premio Nobel per la pace nel 1987, poco prima di morire, per il suo contributo alla normalizzazione dei gravi conflitti in Sudafrica ed Irlanda del Nord. La SGI di Daisaku Ikeda è stata uno dei partner di ICAN (International Campaign for Abolition of Nuclear Weapons), associazione che ha ricevuto il premio Nobel per la pace nel 2017. Purtroppo entrambi hanno lasciato questo mondo, ma fortunatamente i loro numerosi libri ci permettono di attingere dalla loro saggezza preziosi spunti di riflessione.
Ikeda e Rogers hanno affrontato in maniera simile il tema della gioventù, sottolineando che lo spirito giovane è indipendente dall’età anagrafica. Scrive Ikeda in “Giorno per giorno” (Esperia Edizioni):
Cos’è la gioventù? Il filosofo francese Roger Garaudy sostiene che mentre la maggior parte delle persone crede che un individuo nasca giovane e poi invecchi e muoia, in realtà l’acquisizione della gioventù, in senso profondo, è un processo lungo e impegnativo. La gioventù di cui egli parla è la forza spirituale per non ristagnare o resistere al cambiamento, per sentirsi aperti a nuove possibilità. È il potere dello spirito che rifiuta di soccombere all’autocompiacimento, e continua a lottare.
In maniera analoga, Carl Rogers affronta questo tema nel suo “Un modo di essere”. A pagina 101 (Editore Giunti, 2018) troviamo la conclusione del capitolo “Diventare vecchi e crescere da vecchi”. Riporto alcune parti delle ultime righe, nel quale l’autore parla della sua vita tra i 65 e 75 anni:
… Ma per me, questi dieci anni trascorsi sono stati affascinanti, pieni di avventurose iniziative. Sono stato capace di aprirmi a nuove idee, a nuovi sentimenti, nuove esperienze, nuovi rischi. Sempre di più ho scoperto che essere vivi significa assumere dei rischi, agire su basi che non siano la sola certezza, impegnarsi nella vita. … Quando ero ragazzo, ero piuttosto malaticcio, e i miei genitori mi dissero che era stato pronosticato che sarei morto giovane … Penso che sia vero che non vivrò mai come un vecchio. Così, mi trovo oggi d’accordo con quella previsione, e penso che morirò giovane.
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